Il martirio di Sant’Orsola
Abbiamo già parlato della Flagellazione e delle sette opere della misericordia, non resta che parlare del terzo e ultimo Caravaggio conservato a Napoli: il martirio di Sant’Orsola.
Caravaggio a Napoli – la flagellazione
Custodito presso la pinacoteca di Palazzo Zevallos è il pezzo forte di questo piccolo museo. Viene definito l’ultimo Caravaggio in quanto sarebbe stato realizzato dall’artista durante il secondo soggiorno napolentano, nel 1610, proprio poco prima di imbarcarsi per fare ritorno a Roma. Quel viaggio, che Caravaggio doveva aver intrapreso pieno di speranze, non lo portò verso la rinascita artistica e personale bensì verso la morte.
Dopo anni vissuti nel terrore di essere ucciso per via del bando, Caravaggio aveva saputo che la condanna che pendeva sul suo capo era stata revocata. Fu per questo motivo che aveva deciso di imbarcarsi, per tornare a casa. Purtroppo però, l’artista non raggiunse mai la destinazione finale perché morì in circostanze strane.
Il committente
A Napoli Caravaggio aveva realizzato questo piccolo capolavoro per il figlio del doge di Genova, Marcantonio Doria. L’uomo aveva commissionato la tela all’artista per farne dono alla sua amata figliastra che aveva preso i voti con il nome di Orsola. La ragazza il cui nome un tempo era Anna, aveva scelto il monastero di S. Andrea delle Dame per rifugiarvisi e il patrigno le aveva donato questo quadro come si faceva con le novelle spose. Certo Anna sposava Dio ma stava comunque facendo un giuramento di fedeltà per cui stava per compiere un passo importante da ricordare.
La storia di Orsola comincia in Bretagna. Orsola, infatti, è la figlia del re di Bretagna e un giorno, con altre undicimila vergini, intraprese un viaggio alla volta di Colonia. Attila e i terribili Unni però assediavano la città da qualche tempo ed erano lì quando la futura santa vi arrivò. Attila vede Orsola e subito se ne innamora. L’uomo è già sposato ma per lui avere più mogli non è un problema. Orsola però lo rifiuta, avendo fatto voto di castità, e così Attila la uccide.
La tela
Nel quadro di Caravaggio non c’è alcun dettaglio tipico dei santi, come ad esempio aureole o fasci di luce miracoloso. Tutto sembra molto “storico”. Attila è sulla sinistra e ha appena scoccato la freccia fatale che ucciderà Orsola ma se ne è già pentito, lo si capisce dall’espressione del viso. Alle spalle della santa c’è un uomo a bocca aperta che assiste alla scena che altri non è che lo stesso Caravaggio.
Tra Orsola e Attila appare una mano misteriosa. C’è chi ha ipotizzato che si tratti della mano del committente, Marcoantonio Doria, la cui mano si protende a proteggere la figliastra da eventuali futuri pericoli.
L’opera inizialmente non fu attribuita a Caravaggio, l’attribuzione, infatti, avvenne solo negli anni settanta e fu poi confermata nel 1980 in seguito al ritrovamento di alcuni documenti.
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