Lascaux. Quando ci si mette il caso
Nel 1940, dopo una tempesta che fece cadere un albero lasciando un bel buco nel terreno, quattro ragazzi rinvennero una caverna: Lascaux. Non era la prima rinvenuta nella Valle di Vézére, anzi, in tutto ne erano saranno individuate quasi una trentina, ma questa era spettacolare.
Nascosti nel ventre della terra c’erano più di novecento animali e circa cinquecento ideogrammi. A Lascaux per millenni, uno strato di terreno impermeabile, ha permesso la conservazione di una delle più antiche forme di arte.
La caverna deve essersi formata all’incirca dieci milioni di anni fa. L’acqua ha letteralmente scavato nella roccia. Un fiume sotterraneo ha lentamente generato questa caverna che è poi rimasta vuota. Gli uomini di CRO Magnon l’hanno decorata e una frana l’ha poi chiusa e conservata.
Cos’è Lascaux?
Lascaux è una caverna composta in realtà da diverse diramazioni. Ogni parte della caverna prende il nome dal tipo di decorazione che la caratterizza. L sala dei tori, la galleria dei felini, il pozzo e tanto altro.
Analisi approfondite hanno permesso di datare le pitture di Lascaux al Paleolitico Superiore, vale a dire tra i quarantamila e i diecimila anni fa. La caverna era da considerarsi un luogo sacro dove venivano rappresentati gli animali tipici di quel periodo allo scopo di propiziare la caccia. Questa almeno è una delle ipotesi.
In questa fase l’arte preistorica è caratterizzata prevalentemente da figure animali, e Lascaux ne è la dimostrazione lampante. C’è solo un essere umano, se così vogliamo definirlo, e si trova nel cd. Pozzo. Si tratta di un uomo con la testa di ucciso che fronteggia un animale ferito con una lancia.
I colori e le attrezzature usate
I colori che caratterizzano la caverna sono sostanzialmente quattro: giallo, rosso, nero e bianco. I primi tre si ottengono grazie all’uso di diversi tipi di ocra e del carbone. Il bianco in realtà non è un colore applicato ma si ottiene graffiando la parete della caverna. In un caso compare del viola ma secondo i più sarebbe frutto di un’alterazione.
La caverna è rivestita di calcite ed è proprio questa sostanza che ha permesso la conservazione del colore. Per applicare il colore furono utilizzati diversi tipi di strumenti, molti dei quali rinvenuti all’interno della caverna stessa. Piume usate a mò di pennelli, tamponi, tubi cini per soffiate la pittura e dita.
Disegnare degli animali in una caverna scura non doveva essere così agevole, specialmente in alcuni casi in cui la profondità della stessa si rivela notevole. Di certo, per fare luce, venivano usate delle lampade a grasso.
Lascaux a Napoli
Ma come è stato possibile portare a Napoli, in un museo, duecentocinquanta metri di caverne? In realtà la mostra, dedicata alla famosa caverna francese, è imperniata sulla ricostruzione di alcuni pezzi dell’intera caverna.
Anche se andate in Francia, nel luogo esatto dove fu rivenuta la grotta, vi sarebbe impossibile visitarla. L’archeologo Adré Glory, che si è occupato della caverna per quasi dieci anni, sosteneva che il passaggio di troppi turisti fosse deleterio per la conservazione delle rappresentazioni. Effettivamente il passaggio continuo di persone comportava un certo aumento di temperatura e l’ingresso anche di batteri vari.
Fu così che si decise di chiudere al pubblico la caverna originale per poi creare, non molto lontano, una riproduzione, che è poi quella che visitano ancora oggi i turisti. Uno spettacolo che non lascia indifferenti anche se in versione “copia”.
Non tutti possono dunque avere il piacere di vedere l’originale e pochi hanno avuto il piacere di vederla come i quattro ragazzi che l’hanno trovata. L’ultimo di loro è morto proprio qualche giorno fa.
L’ultimo degli scopritori di Lascaux
Visite guidate
Per visitare la mostra e la sezione preistorica del museo archeologico di Napoli, che riaprirà alla fine del mese di febbraio 2020 cliccate su questo link.
Non dimenticate però che il museo di Napoli ha anche tanto altro da offrire. C’è la sezione egizia, quella dedicata agli oggetti di uso quotidiano nell’antica Roma e tanto altro da non perdere.