San Gregorio Armeno: la chiesa e la santa che scioglie il sangue
Molti associano San Gregorio Armeno semplicemente alla strada di Napoli dove si trovano le botteghe dei presepisti. Il nome di questo santo è però legato anche a una chiesa e a un monastero. In questo articolo voglio parlarvi di tutti e tre i luoghi: strada, chiesa e monastero. Cominciamo dalla chiesa.
La chiesa di San Gregorio Ameno nacque grazie a delle monache, poche, fuggite dalla città di Costantinopoli all’epoca della persecuzione iconoclasta (VIII secolo d.C.). Secondo una tradizione antica sotto la chiesa si troverebbero i resti del tempio di Cerere ma in realtà non ci sono prove di ciò. Sicuramente la chiesa si trova là dove un tempo sorgeva il foro di epoca romana.
La chiesa fu decorata dai più grandi artisti del sei e settecento napoletano. Personalità del calibro di Dionisio Lazzari, che si occupò dei marmi dell’altare maggiore, e Luca Giordano. Giordano, noto col nome di “Luca fà presto” per la rapidità di esecuzione, realizzò la decorazione pittorica della chiesa. Decine di tele che rappresentano la storia di San Gregorio e di San Benedetto.
Sulla porta d’ingresso è possibile vedere tre splendide tele di Giordano con tanto di autoritratto. Le scene rappresentate ricordano la partenza e l’arrivo delle monache fuggiasche con le reliquie e soprattutto i festeggiamenti organizzati dai napoletani al loro arrivo. E’ proprio tra i napoletani festanti che si trova Luca Giordano autoritratto.
In una delle cappelle di sinistra, la quinta per la precisione, sono conservati i resti di Santa Patrizia. Pochi lo sanno ma anche il suo sangue si liquefa miracolosamente e non solo tre volte all’anno come quello di San Gennaro ma ogni martedì alle 10.30. Efficienza femminile insomma.
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Il monastero ed Enrichetta Caracciolo
Parliamo del monastero di San Gregorio Armeno prima da un punto di vista artistico e poi umano. Per accedere nel monastero bisogna superare un alto cancello di ferro e poi salire una scala. Ai lati dell’ingresso si possono notare due ruote, non quelle per i neonati però. Queste ruote erano quelle che si trovavano in tutti i monasteri per scambiare materiali tra interno ed esterno. Le monache qui, infatti, erano in clausura e quindi i contatti con l’esterno erano praticamente nulli.
Appena raggiunto il chiostro potrete ammirare una splendida scultura realizzata nel 1733 da Matteo Bottigliero che rappresenta Gesù e la Samaritana al pozzo. La visita al monastero vi permetterà di accedere agli ambienti che si snodano attorno al chiostro. Ci sono il refettorio, il coro e la cappella dell’Idra.
La cappella del’Idra è l’unico elemento che ci resta del vecchio monastero, quello che precede il Concilio di Trento. La parola Idra viene da Odigitria, colei che mostra la direzione. Il coro però è sicuramente la parte più bella del monastero per la sua decorazione. Dipinto dal pittore fiammingo Teodoro d’Errico, il soffitto del coro è forse l’elemento più spettacolare. Un alternarsi di legno dorato e tele con colori vividi che ricordano San Gregorio ma anche San Benedetto e altri santi.
Il coro veniva usato dalle monache per seguire la messa senza essere viste e senza entrare in contatto con i laici che frequentavano la sottostante chiesa. La particolarità di questo monastero però è nel cosiddetto coro d’inverno (che potete vedere in parte in una delle immagini). Si tratta di un piccolo ambiente aggiunto nel ‘700 sopra il coro per permettere alle monache malate e più anziane di seguire la messa in un ambiente più piccolo e riscaldato. Le donne potevano vedere l’altare attraverso delle finestrelle.
In questo monastero fu rinchiusa, contro la sua volontà, Enrichetta Caracciolo. La ragazza, figlia di uno dei membri della famosissima famiglia napoletana dei Caracciolo, alla morte del padre fu messa in monastero dalla madre. Quella che avrebbe dovuto essere una condizione temporanea divenne però permanente con suo immenso dolore.
La donna, una volta uscita dal monastero, scrisse le sue memorie. Il titolo dell’opera è “Misteri del Chiostro Napoletano”. Enrichetta racconta la sua vita, una vita fatta di resistenza e fughe, e quella delle sue compagne. Angherie, pazzia, tentativi di suicidio e preti che approfittano di queste donne fragili. La donna ci parla anche degli anni che hanno preceduto il suo ingresso in monastero, avvenuto a 19 anni, e dei suoi amori adolescenziali.
Fino al termine del Concilio di Trento le monache di San Gregorio, come pure le altre, erano state libere di uscire e avere contatti con l’esterno. Col Concilio tutto cambiò e non fu facile adattarsi. Il monastero fu rifatto da capo per essere adattato alle nuove rigide regole.
Nel monastero di Donna Albina, sempre a Napoli, le monache addirittura tentarono una resistenza violenta ma fu tutto inutile. Enrichetta dopo tante resistenze riuscì a uscire dal monastero e a sposare (anche se non con l’approvazione della chiesa) un sostenitore della causa Garibaldina come lo era lei stessa.
Qui potete trovare il libro della Caracciolo
San Gregorio Armeno e i presepi
Arriviamo dunque al tema dei presepi. Il nome di San Gregorio Armeno è ormai indissolubilmente legato a quello dell’arte presepiale napoletana. Il presepe fu inventato da San Francesco ma i napoletani hanno portato quest’arte ad altissimi livelli. Peraltro è a Napoli che i pastori si moltiplicano e la scena da una semplice natività diventa una vera e propria scena cittadina.
Luciano De Crescenzo scrisse un libro dal titolo “Gesù è nato a Napoli” in cui parla del presepe e della sua tradizione. Effettivamente i napoletani non hanno fatto altro che “sequestrare“ Gesù, la Madonna e San Giuseppe trasferendoli a Napoli, perché la scenografia del presepe napoletano è napoletana.
Il presepe per i napoletani è una vera e propria tradizione che per fortuna resiste ancora, a differenza di molte altre che tendono a scomparire. Scoprite con una guida la storia del presepe e di questi luoghi spettacolari. Vi aspetto.
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