Un re saggio e una regina devota.
La chiesa e il chiostro di Santa Chiara sono stati fortemente voluti da Re Roberto d’Angiò e dalla sua seconda moglie, Sancha di Maiorca. La donna, in particolare, era molto legata all’ordine dei francescani, tanto che alla morte del marito divenne una clarissa, e fu lei a spingere il consorte a realizzare quello che è diventato uno dei simboli di Napoli. Ma se la regina volle Santa Chiara per fede, Roberto la volle per farne un luogo d’arte.
Siamo negli anni trenta del trecento quando inizia la costruzione della basilica e a decorarla c’è niente di meno che Giotto in persone. L’artista si trattenne a Napoli per qualche anno e decorò anche la cappella che si trova nel Maschio Angioino. Purtroppo ad oggi degli affreschi di Giotto rimane ben poco, perché furono ricoperti durante i rifacimenti barocchi, ma qualcosa c’è ancora. Giotto non fu l’unico artista toscano a partecipare alla realizzazione della chiesa che era un vero e proprio capolavoro.
La chiesa era imponente, con archi a sesto acuto e tutta affrescata proprio secondo i canoni gotici, del resto gli Angioini erano francesi. Purtroppo di quella splendida basilica trecentesca oggi resta poco, ma resta poco anche della versione barocca, il tutto a causa di un incendio.
4 agosto 1943
Questa è una data fondamentale per Santa Chiara, forse ancor più della data della posa della prima pietra. Siamo in piena seconda guerra mondiale e Napoli è soggetta al 96esimo bombardamento. Diverse bombe cadono sulla chiesa quel giorno e sul monastero ma alcune sono bombe incendiarie. Nell’edificio ci sono diversi elementi in legno che subito vengono avvolti dalle fiamme alimentando il fuoco. L’incendio durò quasi due giorni e distrusse completamente la basilica.
Fu un disastro. Uno dei simboli della città completamente distrutto. Il tutto a pochi giorni dalla liberazione della città perché, per chi non lo sapesse, il 30 settembre del 1943 si conclusero le 4 giornate di Napoli e i tedeschi furono costretti a lasciare la città. Napoli fu così la prima città a liberarsi dai tedeschi, un anno e mezzo prima di quel fatidico 25 aprile 1945. Il dolore per la perdita di questo monumento fu quindi fortissimo e fu riassunto nella famosissima canzone “monasterio e Santa Chiara”.
La chiesa fu ricostruita in soli 10 anni, anni peraltro in cui i napoletani non navigavano nell’oro. Il 4 agosto del 1953 fu inaugurata la nuova chiesa festeggiata anche con un novo francofobo da 25 lire. Oggi trovate ben poco di tutto quello che un tempo decorava la chiesa ma c’è comunque tanto da vedere. C’è la tomba di re Roberto che troneggia al centro dell’abside; la cappella dei Borbone, gli ultimi re di Napoli (in fondo a destra), alcuni affreschi di Giotto, recuperati dopo il crollo dei marmi avvenuto durante l’incendio e la tomba di Salvo d’Acquisto, uno degli eroi della seconda guerra mondiale.
Il chiostro maiolicato
Napoli nel ‘600 era piena di chiese e monasteri. Il problema divenne consistente col passare del tempo tanto che nell’800 Murat diede inizio alla chiusura di molti edifici religiosi, chiusura proseguita da Ferdinando IV dopo la morte di Napoleone e il ritorno a Napoli. Effettivamente Santa Chiara, con i suoi due chiostri, si trova proprio di fronte alla Chiesa del Gesù e a poche centinaia di metri da San Domenico Maggiore e dalla chiesa di Sant’Anna dei Lombardi che vantava addirittura 4 chiostri. Un pò troppo.
Il monastero di Santa Chiara non fu tra quelli chiusi e ancora oggi potete ammirare il chiostro maaiolicato. Un tempo il chiostro era fatto di semplice tufo giallo e pietra lavica grigia, tutto cambiò a inizio ‘700, quando a fare visita alle monache giunse la giovanissima Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo di Borbone. La ragazza fece notare che il chiostro era alquanto grezzo e così si decise di risistemarlo e decorarlo con le famosissime maioliche. Giallo, blu e verde pastello sono i colori predominanti che ricordano erba, sole e mare.
Basta scene religiose
Le scene rappresentate sulle maioliche hanno come tema la vita quotidiana dei napoletani, furono proprio le monache a dire basta alle scene religiose. Anche perché di scene religiose ce ne sono, e pure tante, sulle pareti. Santi, profeti e scene bibliche come il famoso giudizio di Salomone, Giuditta e Oloferne e Susanna coi vecchioni. Un braccio del vecchio monastero è stato trasformato in museo e oggi ospita molte delle opere che un tempo erano in chiesa e furono rimosse dopo l’incendio.
Un pezzo della porta d’ingreso originale della chiesa, foto d’epoca, due statue rappresentanti il re e la regina e quanto resta di una balaustra di marmo con la storia di Santa Caterina d’Alessandria. C’è anche la ruota usata dalle monache per portare dall’interno all’esterno, e viceversa, gli oggetti senza essere viste. Le monache di Santa Chiara erano famose anche per la produzione dei Mostaccioli, un dolce natalizio che prende questo nome dal mosto del vino, che è uno degli ingredienti base.
Visite guidate
Il chiostro e la chiesa di Santa Chiara possono essere inclusi in un più ampio tour del centro storico che passa anche per il duomo e la famosa via dei presepi. Per maggiori informazioni Clicca qui.