L’anfiteatro campano. Secondo solo al Colosseo
Anfiteatro campano è il nome dato a uno dei due anfiteatri che si trovano a Santa Maria Capua Vetere, l’antica Capua. La città ha una storia molto antica e importante e un tempo era così ricca e potente da essere definita da Cicerone “l’altra Roma”. Una città dotata di due fori, due anfiteatri, un teatro e un territorio vastissimo di cui ahimè però non resta molto.
Tantissimi reperti della città sono finiti tra fine ‘800 e inizio ‘900 in collezioni private o in musei stranieri. Si tratta di una quantità notevole di materiali che purtroppo hanno lasciato la città per vari motivi.
Santa Maria Capua Vetere. L’altra Roma.
L’anfiteatro campano è sicuramente il monumento romano più imponente e vistoso rimasto in città. Non lontano però potete trovare l’arco dedicato all’imperatore Adriano, il mitreo e il museo della città.
Di anfiteatri però, come dicevamo, ce ne sono due, non molto distanti uno dall’altro. Del più antico, di età repubblicana, non restano che poche tracce nello slargo di fronte all’anfiteatro campano. È in questo edificio che deve essersi esibito Spartaco insieme agli altri gladiatori più famosi della scuola di Batiato. Spartaco, infatti, visse nel I secolo a.C. per cui, per ovvi motivi, non può aver combattuto nell’anfiteatro campano.
Capua è strettamente collegata alla storia di Spartaco perchè, come saprete, è la città dalla quale ha avuto inizio la famosa rivolta del 73 a.C. Ma andiamo per gradi.
Come è fatto l’anfiteatro campano?
Cominciamo col dire che l’anfiteatro campano risale a un periodo che va dal I secolo d.C. al II secolo d.C. In realtà quasi sicuramente la costruzione risale all’epoca dell’imperatore Nerva mentre a quella di Antonino Pio risalgono i lavori di miglioramento e ristrutturazione.
Diamo un pò di numeri
Con un’arena di 165×135 m, come dicevamo, è secondo solo al Colosseo, che è per antonomasia l’anfiteatro più grande al mondo. Quello che resta oggi, pur essendo una struttura imponente, non è altro che il fantasma di quello che doveva essere questo edificio duemila anni fa. C’erano tre ordini di arcate e uno più in alto chiuso.
Le arcate del secondo e del terzo ordine erano decorate da statue che sono ormai disperse ma considerando che, essendo le arcate 80 per ogni piano, possiamo ipotizzare la presenza di ben 160 statue. Gli archi, inoltre, presentavano nella chiave d’arco, vale a dire la pietra che si trova a centro dell’arco, delle rappresentazioni di divinità, per cui anche in questo caso parliamo di una notevole quantità di pezzi dispersi. Basti pensare che di 240 chiavi d’arco non ne restano che poche unità, alcune delle quali visibili nel museo dei Gladiatori che si trova presso l’anfiteatro.
I sotterranei
L’anfiteatro è caratterizzato anche da una fitta rete di sotterranei che servivano ad ospitare gladiatori, belve, personale di servizio e attrezzature durante gli spettacoli. L’arena era collegata ai sotterranei da una serie di botole che venivano usate per tirare su, con l’ausilio di carrucole, gli animali. In questo modo si poteva dar vita a effetti speciali che era impossibile ottenere in assenza questo tipo di strutture.
Nei sotterranei, che sono visitabili, è possibile vedere anche una serie di canali che fungevano da fognatura per poter ripulire tutto. Certo entrandoci oggi non si riesce a immaginare esattamente come dovevano essere un tempo ma proviamo a capire.
Partiamo dal presupposto che dovevano essere molto più bui e illuminati da torce. L’odore non doveva essere il massimo considerando anche la presenza degli animali ma soprattutto proviamo a immaginare il via vai di persone che si muovevano in questo fitto reticolo e i lamenti dei condannati a morte che pure erano detenuti qui.
La situazione era quindi molto diversa da quella che si può percepire oggi entrandovi. Un luogo che doveva somigliare molto a un inferno dantesco è oggi praticamente deserto invece.
I gladiatori
Le vere star di Capua erano ovviamente i gladiatori. Gli spettacoli nell’arena però non vedevano protagonisti solo i gladiatori famosi ma anche altri soggetti. Tanto per cominciare c’erano le venationes, vale a dire le cacce. Quando i giochi gladiatori furono aboliti l’anfiteatro campano prese il nome di Berolais che significherebbe arena degli orsi. Quindi negli ultimi anni di attività ospitò praticamente solo cacce.
Le cacce potevano essere caratterizzata da scontri tra belve o tra belve e cacciatori. Ovviamente gli anfiteatri erano dotati da sistemi di sicurezza, come delle reti ad esempio e degli alti parapetti, per salvaguardare l’incolumità del pubblico durante questo tipo di spettacoli.
C’erano poi i condannati a morte che potevano essere messi uno contro l’altro oppure lasciati in balia delle belve. I gladiatori, pur essendo a tutti gli effetti degli schiavi, erano però degli atleti professionisti. C’erano diverse categorie con armature diverse, come ad esempio il trace, il murmillone, il reziario. Gli abbinamenti venivano fatti in modo da rendere lo spettacolo accattivante e lungo. Se l’incontro fosse finito dopo pochi minuti non sarebbe stato soddisfacente.
Non è proprio come nei film
I gladiatori non morivano così spesso come si potrebbe pensare guardando film e serie tv e soprattutto facevano largo uso di cereali per cui dovevano avere un pò di ciccia in più rispetto ai loro omonimi dei film. Certo è che erano considerati dei sex symbol tanto da essere gli idoli delle donne di ogni classe sociale.
Che una sconfitta durante un combattimento non comportasse necessariamente la morte lo dimostrano anche alcuni graffiti di Pompei dove compaiono dei gladiatori col nome e il numero di vittorie e di sconfitte. Va da sè che se un gladiatore conta 5 sconfitte vuol dire che dopo una sconfitta non sempre, anzi raramente, si veniva uccisi.
Il tema è comunque complesso e articolato e se volete approfondirlo fatelo con questo video del Prof. Giardina
La scuole di gladiatori
In generale l’antica Capua era nota per la gran quantità di scuole di gladiatori presenti sul territorio. Si dice che una fosse di proprietà di Giulio Cesare. Le scuole erano i luoghi nei quali i gladiatori si allenavano e il proprietario della scuola era proprietario anche dei gladiatori al suo interno.
Quello che ruotava attorno ai giochi gladiatori era un business non indifferente che potrebbe essere paragonato a quello che oggi ruota attorno al mondo del calcio.
La trasformazione dell’anfiteatro campano in fortezza e lo smembramento
Col passare del tempo l’anfiteatro cadde in disuso e il marmo usato per decorarlo, così come altri elementi decorativi, furono portati via per essere riutilizzati nella costruzione dell’attuale Capua. Molte statue, come dicevamo, sono finite in collezioni private o in musei stranieri.
Al Museo di Santa maria Capua Vetere è però conservata la statua di una Nike che, stando ad alcuni studiosi, doveva essere parte della decorazione dell’anfiteatro. Un piccolo plastico che si trova nel museo dei gladiatori di Santa Maria, ci permette di comprendere quanto fosse imponente duemila anni fa la struttura e quanto manca oggi.
Quando con la caduta dell’impero romano Capua fu attaccata più e più volte dai barbari l’anfiteatro fu spesso preso di mira e danneggiato. Nel IX secolo d.C. Però, quando arrivarono i saraceni, i difensori di quello che restava dell’antica Capua decisero di trasformare l’anfiteatro in una fortezza. Questa pratica ed abbastanza frequente per cui non caratterizza solo l’anfiteatro di Santa Maria.
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