San Luigi dei francesi.
Caravaggio e San Matteo. Nel cuore di Roma, non molto lontano dal Pantheon, c’è la chiesa nazionale dei francesi costruita nel XVI secolo e ultimata per la precisione nel 1589. Alla costruzione di questo piccolo luogo di culto hanno contribuito nomi del calibro di Domenico Fontana e Giacomo della Porta ma anche Caterina De Medici, sovrana francese, che contribuì economicamente.
Questo piccolo gioiello barocco nel cuore di Roma conserva ben tre opere di uno degli artisti più noti e amati al mondo, Michelangelo Merisi, meglio noto come Caravaggio.
Nella cappella Contarini, infatti, a sinistra dell’altare maggiore, Caravaggio ha realizzato tra il 1599 e il 1602 un ciclo dedicato a San Matteo. Tre opere che lo hanno consacrato nell’olimpo dei grandi dell’arte.
Può sembrare retorico elogiare queste tre enormi tele ma vi assicuro che l’effetto che sortiscono sull’osservatore è da sindrome di Stendhal. Si resta ammaliati dalla capacità dell’artista di rendere i soggetti in maniera così reale da farli sembrare vivi e vegeti. Rimarrete incollati alla balaustra della cappella in attesa che uno di loro o tutti escano dalla tela per venirvi incontro.
La storia di San Matteo
Le tele che compongono il ciclo di San Matteo sono tre: a sinistra “la conversione di San Matteo”, al centro “San Matteo e l’angelo” e a destra “il martirio di San Matteo.
Caravaggio realizzò prima le due tele laterali negli anni 1599-1600 e poi successivamente il San Matteo con l’angelo posto sull’altare.
San Matteo, secondo la tradizione, sarebbe uno dei dodici apostoli ma anche uno degli evangelisti. In origine un pubblicano, un esattore della tasse per intenderci, poi convertito da Gesù. Vissuto nel I secolo d.C. San Matteo secondo alcuni sarebbe morto di morte naturale, secondo altri sarebbe stato ucciso in chiesa da dei sicari.
Stando al racconto il santo, di origini etiopi, avrebbe resuscitato la figlia del re d’Etiopia, Ifigenia. Morto il padre della ragazza salì al potere lo zio che la chiese in sposa. La donna però rifiutò, dato che aveva fatto voto di castità e si professava dunque sposa di Cristo. San Matteo difese la scelta della ragazza durante un’omelia e così dei sicari lo assassinarono. È proprio questa versione del racconto che sceglie di rappresentare Caravaggio.
Il giro di boa
Caravaggio inizia con la conversione e il martirio del santo. In realtà, stando agli ultimi studi, è probabile che abbia cominciato col Martirio e sia passato poi alla conversione. Analizzando il Martirio ai raggi X è possibile vedere una prima versione del quadro sotto quella attuale, una versione molto diversa.
Caravaggio fino ad allora aveva sempre realizzato tele di dimensioni abbastanza contenute, con la Cappella Contarini deve affrontare diverse sfide professionali. I committenti, infatti, non solo gli avevano chiesto due tele molto grosse ma dovevano essere anche piene di personaggi e finite in un anno.
Per uno come Caravaggio, abituato a fare tele di dimensioni più piccole e con pochi personaggi la sfida era notevole, specie per le tempistiche. Fu allora che decise di darsi a una tecnica nuova che da allora in poi avrebbe usato costantemente e che velocizzò molto il lavoro.
L’artista decise per la prima volta di preparare con uno strato grigio scuro le sue tele e dipingere solo gli elementi illuminati dalla luce abbozzando quelli in penombra. Tutto ciò che era all’ombra non veniva dipinto, veniva lasciato alla fantasia dell’osservatore.
La tela della conversione non presenta tutti i ripensamenti del Martirio per cui è possibile che quest’ultima sia stata la prima e una volta messa a punto la tecnica l’altra era stata elaborata più semplicemente.
Le opere di Caravaggio
Nella scena della conversione si vedono diversi pubblicani, tra cui Matteo, noto anche col nome di Levi, intenti a contare dei soldi. Gesù e San Pietro sono di lato e indicano Matteo, il qual si mostra stupito per la scelta.
La luce penetra da una finestra e simboleggia la grazia divina che colpisce tutti ma che non tutti sono in grado di apprezzare. Ad esempio Matteo si volta e viene preso in pieno viso dalla luce ma altri no. Molti pubblicani continuano nel loro certosino lavoro e non si distraggono minimamente. Ce n’è uno con gli occhiali che osserva delle monete. Gli occhiali sembrano quasi simboleggiare la cecità di quell’uomo così preso dal denaro da non rendersi contro della grazia di Dio che si diffonde nella stanza.
La scelta di vestire i personaggi con abiti contemporanei serve a Caravaggio per spiegare che ciò che accadeva ai tempi di Gesù è ancora attuale, contemporaneo.
A destra dell’altare della cappella c’è il martirio di San Matteo. Ricorderete che il santo fu ucciso mentre diceva messa e infatti si vede in fondo alla scena un altare.
L’assassino mezzo nudo ha appena trafitto il santo che muore ma ha una mano tesa verso un angelo che gli sta porgendo la palma, simbolo del martirio. Il carnefice è colpito in pieno dalla luce, che come dicevamo simboleggia la grazia divina, ma volta le spalle alla fonte di luce.
Nella scena compaiono anche diversi fedeli che terrorizzati fuggono via. In alto a sinistra si vede un volto pallido molto familiare che è proprio quello di Caravaggio.
Caravaggio e il problema dell’angelo
L’ultima tela ad essere realizzata fu quella di San Matteo con l’angelo di cui esistono due versioni.
La prima versione vedeva il povero vecchio San Matteo intento a scrivere il vangelo affiancato da un angelo adolescente e impertinente. Impertinente perché intento a spiegargli come scrivere, quasi accompagnando la sua mano, quasi che il santo fosse un analfabeta.
L’opera non piacque ai committenti, la famiglia Contarelli (italianizzazione di Cointrel), che chiese al Caravaggio un’altra versione. La prima tela finirà poi in Germania, a Berlino, dove andò distrutta.
La seconda versione ci mostra un angelo meno impertinente, più lontano da San Matteo, che si limita a sussurrare il vangelo al vecchio, quasi fosse un intermediario di Dio. Non c’è contatto fisico e l’angelo è avvolto in uno splendido lenzuolo molto simile a quello che avvolge gli angeli della tela del Pio Monte della Misericordia di Napoli.
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Caravaggio a Napoli
A Napoli si conservano ben tre opere del grande artista una delle quali è considerata l’ultima realizzata da lui prima di morire.
Le opere sono conservate una al Museo di Capodimonte (la Flagellazione), una al Pio Monte della Misericordia (le sette opere della misericordia) e una a Palazzo Zevallos (il martirio di Sant’Orsola).
Nel martirio si Sant’Orsola, conservato a Napoli, ricompare, tra i protagonisti della scena, il volto bianco e spaventato dell’artista che assiste alla scena, proprio come nel martirio di San Matteo.
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