La Flagellazione
Nel primo articolo dedicato a Caravaggio a Napoli abbiamo parlato di una delle tre opere dell’artista ancora conservate in città, vale a dire quella intitolata “le sette opere della misericordia”.
Caravaggio a Napoli – le sette opere della misericordia
Questa volta ci concentreremo invece sulla flagellazione, conservata al secondo piano del Museo di Capodimonte.
Caravaggio soggiornò a Napoli per ben due volte, una tra il 1606 e il 1607 e l’altra tra il 1609 e il 1610. Al primo soggiorno risalgono diverse opere, molte delle quali perdute, tra cui la Flagellazione, realizzata appunto nel 1607.
L’opera si trova in una saletta del museo di Capodimonte nella quale, isolata e avvolta dall’oscurità, richiama l’attenzione del visitatore. La saletta in questione è alla fine di un lungo corridoio ai lati del quale si aprono diverse stanze ricche di opere d’arte spettacolari, eppure il Caravaggio sembra quasi una calamita.
Il soggetto dell’opera
La Flagellazione rappresenta appunto il momento in cui Gesù fu torturato dai suoi aguzzini prima di salire il Golgota con la croce in spalla. La famiglia De Franchis commissionò l’opera a Caravaggio poiché, avendo una cappella presso la chiesa di San Domenico Maggiore, volevano decorarla con un’opera di pregio. La tela è stata spostata dalla sua collocazione originaria per questioni di sicurezza, come avvenuto anche per il Tiziano che si trovava nella stessa chiesa.
Tommaso De Franchis, il committente, non era un uomo qualunque ma un aristocratico. Caravaggio voleva inserirlo nella rappresentazione inizialmente ma poi decise di escluderlo e rappresentare attorno a Gesù, che sta al centro ed è legato a una colonna, tre aguzzini.
Dai raggi X, infatti, è possibile vedere sotto l’aguzzino di destra, la testa di un monaco. Molti hanno pensato potesse essere il committente che, resosi conto che forse la sua presenza nel quadro avrebbe potuto essere male interpretata, fece effettuare una modifica. Caravaggio, infatti, finita l’opera ricevette un piccolo extra e molti vorrebbero collegare quel denaro alla famosa modifica.
Il verismo di Caravaggio si esprime al massimo nella resa degli arti degli aguzzini i cui muscoli e nervi tesi sono perfettamente tesi. La mano dell’aguzzino che attorciglia e tende una corda è praticamente perfetta. Gesù è nel pieno della luce mentre gli aguzzini sono invece parzialmente nascosti dalla luce.
C’è solo un dettaglio che stona, vale a dire la corona di spine. Non dovrebbe essere sulla testa di Gesù perché fu posta sul suo capo solo dopo la flagellazione.
La figura di Cristo
Caravaggio presta molta attenzione al volto di Gesù, la vittima degli aguzzini, e questo anche a causa delle sue ultime vicissitudini. Da quando aveva ucciso Ranuccio Tomassoni, l’artista aveva vissuto una vita travagliata. La sofferenza e la paura che lo logoravano sono ben evidenti nelle sue opere d’arte.
Nel suo caso però vale il detto “chi è causa del suo mal pianga sé stesso”. Effettivamente Caravaggio si trovava in una brutta situazione solo a causa del suo caratteraccio. La cosa più assurda è che, nonostante il bando e la paura, il suo comportamento non cambiò molto e così fu coinvolto in altre risse ed eventi violenti, sia a Napoli che a Malta.
A Roma se ne andava in giro vestito tutto di nero con la spada in vita e un cane al guinzaglio. Tutti lo conoscevano per la sua pessima fama e nonostante le varie denunce per rissa il pittore non cambiò mai il suo modo di fare.
A Napoli, una sera, mentre era nella taverna del Cerriglio che era solito frequentare, fu coinvolto nell’ennesima rissa e fu quasi ridotto in fin di vita. In quell’occasione rischiò anche di rimanere cieco, ecco perché interruppe il suo primo soggiorno napoletano per dirigersi altrove.
Una brutta reputazione
Purtroppo Caravaggio è conosciuto dai più come un pittore teppista, eppure ai suoi tempi molti erano così. Molti a Napoli e non, erano gli artisti che potevano vantare un curriculum ben peggiore di quello di Caravaggio. Basti pensare a quello che accadde quando si dovette decorare la Cappella di San Gennaro.
La Depurazione del Tesoro, che si occupava della gestione della Cappella, ebbe notevoli problemi con gli artisti che si contendevano, anche a suon di minacce, una commessa così grossa. I peggiori erano Battistello Caracciolo, Belisario Corenzio e Jusepe De Ribera. Corenzio arrivò ad assassinare un assistente di Guido Reni per assicurarsi che il pittore non accettasse la commessa.
Insomma Caravaggio è quello con la peggiore fama ma in realtà non era il solo a comportarsi in questo modo ai suoi tempi.
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