Forcella. Il quartiere che non c’è.

Forcella

Forcella. Le origini di un nome. 

Forcella è uno di quei quartieri di Napoli che tutti credono di conoscere per fama ma che pochi conoscono davvero. Noto dal ‘300 come il Malpasso, a causa della notevole presenza di prostitute e ladri, è un quartiere molto sottovalutato e che invece nasconde tesori inestimabili. 

Cominciamo dal nome. Perché Forcella si chiama così? Alcuni parlano di una forca per le esecuzioni ma si tratta di un errore. La forca per le esecuzioni si trovava non lontano da lì, a Piazza Mercato, ma non ha niente a che vedere col nome di questo quartiere. Forcella, infatti, viene dalla strada che attraversa quest’area e che a un certo punto si biforca, formando una forcella. 

Questa zona ha una storia che risale ai tempi dell’antica Neapolis. Qui, infatti, si trova il cosiddetto Cippo. Si tratta di un ammasso di pietre che faceva parte dell’antica cinta muraria, tanto che la piazza in cui si trova un tempo si chiamava la piazza delle mura greche. Quell’ammasso di pietre è ciò che resta di una porta che conduceva all’esterno della città e che a un certo punto prese il nome di porta furcillensis. Il “cippo” è così antico che a Napoli, quando si vuole dire che una cosa o una persona è vecchia assai, si dice che s’arricorda ‘o cippo ‘a Forcella.  

Forcella
Il cippo di Forcella

Da San Giorgio a Castel Capuano

Il nostro tour a Forcella comincia da via Duomo, non lontano dalla cattedrale e dalla Cappella e Tesoro di San Gennaro.

Siamo proprio all’imbocco del quartiere e a darci il benvenuto, dal 19 settembre del 2015, c’è un volto di San Gennaro alto 15 metri. Si tratta del murales dello street artist Jorit. A prestare il volto al santo pare sia stato un amico dello stesso artista, un carrozziere. 

Forcella
“Gennaro” di Jorit

Accanto al Murales c’è l’ingresso dell’antichissima chiesa di San Giorgio Maggiore. Quella che vedete oggi è la chiesa rifatta nel XVII secolo, dopo un disastroso incendio, ma il primo edificio, di cui restano ancora tracce all’interno, risale al IV secolo a.C., agli anni del primo cristianesimo. 

Nella chiesa si possono ammirare opere d’arte dei più grandi artisti della Napoli del Sei e Settecento. Uno dei quadri, opera del grande Aniello Falcone, è però nascosto alla vista. Bisogna chiedere a un addetto di poterlo vedere e così vi verrà svelato il mistero. Dietro una delle pale laterali dell’altare, quella che rappresenta San Giorgio col drago, vi apparirà un’altra opera, con lo stesso soggetto, ancor più spettacolare. 

La chiesa fu danneggiata quando fu allargata via Duomo alla fine del XIX secolo, nell’ambito del Risanamento. 

Camminando per vicoli i cui nomi ricordano il passato della città, vico scassacocchi, vico dei carbonari, piazzetta sedil Capuana e altri, si arriva piano piano a un Castello che però ormai non ha più nulla di una fortezza. 

Il primo castello di Napoli

Sto parlando di Castel Capuano. Secondo la tradizione la costruzione fu iniziata ai tempi di Guglielmo I il Normanno, agli inizi del XII secolo. Divenuto sede della corte fu poi adibito a foresteria e infine a sede dei Tribunali di Napoli. 

Quando era ancora una reggia ha fatto da sfondo agli amori peccaminosi di Giovanna II e il suo amante, Sergianni Caracciolo, che fu anche assassinato tra le mura di questo castello. 

Quando fu foresteria ospitò Petrarca. 

Nel 1535, per volere di Don Pedro di Toledo, divenne sede dei Tribunali di Napoli e fu soprannominato la Vicaria. Sulla facciata si può ancora vedere lo stemma di Carlo V di Spagna. I sotterranei furono adibiti a prigioni. Sul piazzale davanti all’edificio si trovava un tempo la famosa colonna infame, oggi al Museo Certosa di San Martino.

Forcella
Castel Capuano. Facciata

Sant’Agostino alla Zecca

Andando alle spalle di Castel Capuano ci si ritrova di fronte alla Porta Capuana, costruita nel 1484, su disegno di Giuliano da Maiano. La porta sembra un arco di trionfo con due torri ai lati e un tempo era decorata da un affresco di Mattia Preti, risalente al 1656.

Mattia Preti era stato chiamato, in occasione della pestilenza del 1656, a decorare le porte della città con degli affreschi rappresentanti i santi patroni che intercedono per gli appestati. Tutti gli affreschi sono andati perduti tranne quello di Porta San Gennaro, di fronte all’ingresso del Rione Sanità. 

Girando attorno al castello si arriva piano piano al cippo di cui abbiamo già parlato, non lontano dal quale si trova la Chiesa di Sant’Agostino alla Zecca. L’edificio, concesso ai padri Agostiniani, si trovava presso la zecca reale, ecco perché prende questo nome così particolare. 

Anche questo complesso, composto da chiesa e monastero, fu danneggiato all’epoca del risanamento. Con la costruzione del Rettifilo (corso Umberto) fu, infatti, abbattuta una parte del monastero. Il povero Benedetto Croce aveva cercato di evitare quello scempio ma non ci riuscì.

Nel chiostro del complesso fu svolto il processo postumo contro Masaniello ma ebbe anche inizio la rivolta organizzata dai napoletani contro Don Pedro di Toledo che voleva introdurre in città l’inquisizione spagnola. 

Nei sotterranei ci sono gli scolatoi e un tempo i napoletani vi praticavano il culto dei morti, proprio come nel caso della chiesa cosiddetta delle anime del purgatorio, in via dei Tribunali. 

Non lontano da Sant’Agostino alla Zecca c’è uno dei gioielli di Forcella, l’ospedale dell’Annunziata… ma questa è un’altra storia.

Visite guidate

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