La monaca dei Camaldoli

La monaca dei Camaldoli

Monache per scelta o per costrizione?

La monaca dei Camaldoli è una monaca leggendaria di cui voglio parlarvi ma prima cerchiamo di capire come vivevano in generale le monache nei tempi passati.

Tra ‘400 e ‘800 farsi monaca non sempre era una scelta. Molto spesso si finiva nei monasteri perché in famiglia c’erano troppe femmine o perché recava prestigio avere in famiglia una badessa o comunque una relligiosa. La decisione veniva spesso presa dalla famiglia quando la futura monaca era ancora una bambina in modo da farla abituare con più facilità.

Quando parliamo di monache dovete pensare che nella stragrande maggioranza si tratta di monache di clausura. Per quanto la clausura nei conventi napoletani fosse bypassata con vari escamotage restava comunque una vita molto dura per una donna che non l’aveva scelta. Ecco perché si verificarono spesso tentativi di fuga più o meno roccamboleschi.

Sappiamo, ad esempio, che alcune monache fuggirono dal convento di Santa Chiara facendosi praticamente “rapire”. In sostanza una notte dei ladri entrarono nel convento e pare che, tra i vari oggetti portati fuori con l’ausilio di sacchi, ci fossero anche delle monache.

Nel monastero di Donnaromita, che pure si trova nel centro storico di Napoli, nel 1599 una monaca sfruttò le sue conoscenze letterarie per darsi alla fuga. Nel convento era stata portata una mandria di mucche che di lì a poco avrebbero dovuto essere trasferite. La ragazza allora decise di legarsi sotto l’addome dell’animale per lasciare quel luogo che ovviamente doveva odiare molto. Chi dice che la cultura non paga evidentemente non ha mai messo in pratica quanto letto.

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Una storia drammatica

Non tutte le storie finivano bene però. Alcune, se pure avevano un lieto fine, hanno messo a dura prova le protagoniste. Prendiamo due casi diversi.

Vale la pena ricordare la storia di Enrichetta Caracciolo, una ragazza che il padre avrebbe voluto far studiare considerando le sue doti intellettive. Il programma riuscì per un pò ma poi l’uomo morì. Fu così che la Caracciolo a diciannove anni fu condannata dalla madre a portare il velo e rinchiusa a San Gregorio Armeno. La donna, un Papillon ante litteram, tentò la fuga diverse volte ma sempre con scarso successo. Alla fine fu l’arrivo dei garibaldini ad assicurarle la libertà. La Caracciolo si sposò ed ebbe una vita lunga che spese a scrivere e a parlare dei diritti delle donne.

Poi c’è il caso di una giovane, rinchiusa nel monastero della di Santa Maria della Sapienza. La famiglia non gradiva il giovane di cui la ragazza si era innamorata e così pensò di separarli. Lui, nel tentativo disperato di riabbracciarla escogitò un piano. Chiudersi in un baule per farsi consegnare alla sua amata. Il contenitore però era troppo pensante e così le monache lo lasciarono per una notte intera chiuso in una grande stanza. La cassa era chiusa così bene che, quando finalmente fu consegnata alla ragazza, l’uomo al suo interno era ormai morto.

La monaca dei Camaldoli

Arriviamo dunque alla nostra monaca dei Camaldoli. Questa monaca è legata a un detto napoletano tra i più volgari ma allo stesso tempo incisivi. Cominciamo col dire cosa sono i Camaldoli.

Si tratta di una collina chiamata così perché vi sorge un eremo di camaldolesi. Si tratta di un monastero un tempo retto dai camaldolesi e poi passato alle monache dette brigidinie. Le brigidine erano solite, fino al XV secolo, vivere in monasteri doppi con 60 monache e 25 frati. Poi i monasteri doppi furono proibiti dal papa e le cose cambiarono.

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Però durante il periodo dei monasteri doppi le brigidine, o meglio, una di loro, dovette farsi una pessima fama tanto che a Napoli per indicare una persona sempre insoddisfatta si dice…pare ‘a monaca d’ ‘e Camaldoli, muscio nun le piace e tuosto le fa male.

Non c’è bisogno che traduco, vero?

Detti Napoletani

 

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Monache per scelta o per costrizione? - Tra '400 e '800 farsi monaca non sempre era una scelta. Molto spesso si finiva nei monasteri perché in famiglia c'erano troppe femmine
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