L’antro della Sibilla Cumana

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Cuma

Cuma è la prima colonia fondata dai greci sulla terraferma subito dopo Ischia nell’VIII secolo a.C. Il nome, che in greco si scrive KYME, potrebbe significare onda, come le onde che hanno condotto lì i coloni.

Un tempo la città era la più potente della Campania e Napoli, che oggi è il capoluogo, non era che una specie di frazioncina di Cuma. Napoli, infatti, è diventata una città potente e completamente indipendente solo due secoli dopo.

Cuma è solo una delle città dei Campi Flegrei che conservano resti di epoca greca e romana. Con l’acropoli e la città bassa è però il luogo perfetto per capire come costruivano i greci. Una visita in questo luogo è d’obbligo insomma, soprattutto per conoscere le origini greche della Campania.

In questo sito si riescono a leggere bene le tracce di tutti i popoli che si sono succeduti, basta fare attenzione.

Visite guidate

L’antro della Sibilla Cumana

L’antro della Sibilla Cumana, anche se dovremmo dire cosiddetto antro, posto all’ingresso dell’acropoli di Cuma, è il luogo che attira più turisti. Tutti sono affascinati dalla storia della Sibilla e così Cuma è conosciuta praticamente quasi solo per questa galleria.

Eppure non si tratta del famoso antro. Ma andiamo per gradi. La galleria fu scavata agli inizi del ‘900. Ha una forma trapezoidale e delle aperture laterali che creano degli effetti di luce spettacolari.

Questa galleria fu subito identificata come il luogo in cui vaticinava la famosissima Sibilla Cumana. Ma sarà davvero così?

A cosa serviva l’antro della Sibilla?

Chi vuole identificare la galleria con l’antro della sibilla sostiene che i vaticini avvenissero nelle sale che si trovano in fondo al lungo corridoio. Eppure è stato assodato che quelle camere a 140 m dall’ingresso anticamente non esistevano. Si tratta, infatti, di ambienti destinati alla sepoltura, una specie di piccolo mausoleo, per cui niente vaticini.

Alcuni ambienti della gallerie sono stati usati in epoca augustea come cisterne e poi, successivamente, come sepolture cristiane. A noi però interessa capire come venisse utilizzata la galleria al tempo dei greci, quando doveva esserci la presunta Sibilla.

Analizziamo bene la situazione. Siamo di fronte a una galleria lunga 142 m, larga 2 metri e mezzo circa e alta 4 metri e mezzi. La galleria si trova all’esterno delle mura dell’acropoli. Che senso avrebbe avuto mettere un oracolo fuori dalle mura? Poco.

Le famose aperture che fanno entrare la luce creando effetti spettacolari un tempo erano chiuse da porte, come dimostrano i cardini ancora visibili in loco. Ma allora a che serviva la galleria?

Sostanzialmente si tratta di una “difesa avanzata” realizzata tra IV e III secolo a.C. Insomma si tratta di una protezione esterna al muro di cinta che permetteva di creare un’area tra il muro e i nemici dove mettere le macchine di guerra e degli ambienti in cui depositare armi e proiettili. Inoltre impediva ai nemici di avvicinarsi troppo al muro e cercare di farlo crollare.

Certo messa così è meno romantica la storia ma questa è la realtà delle cose. L’antro doveva trovarsi nei pressi del tempio di Apollo stando ai racconti.

Per saperne di più

Le ricerche

Moltissimi studiosi hanno cercato di individuare il famoso antro della sibilla cumana di cui parla lo stesso Virgilio nell’Eneide. La voglia di trovarlo però li ha spesso indotti in errore, questo soprattutto perché hanno fatto troppo affidamento su Virgilio.

Il poeta, infatti, non è noto per la sua precisione nella descrizione dei luoghi e comunque quando parlò dell’antro questo era ormai in disuso da tempo.

La tradizione racconta che la Sibilla Cumana dava i suoi responsi in esametri su delle foglie che il vento poi provvedeva a mescolare rendendo ancora più complessa l’interpretazione di quello stesso responso.

Tra coloro che ebbero modo di parlare con la Sibilla Cumana ci fu anche Tarquinio il Superbo, l’ultimo re di Roma. Nell’Urbe, infatti, erano conservati i libri sibillini, dei libri che raccoglievano dei responsi riguardanti il futuro della città. Tarquinio avrebbe potuto averne molti di più se non si fosse comportato in maniera pessima.

La tradizione, infatti racconta che il re incontrò una donna anziana che gli propose 9 libri pieni di responsi a un prezzo esorbitante. Il re cercò di trattare sul prezzo e lo fece in maniera pessima. Fu così che la donna bruciò tre dei nove libri per proporre al re l’acquisto dei 6 rimanenti al prezzo dei 9. Tarquinio tentò ancora e perse così altri tre volumi. Alla fine il re ottenne tre libri al prezzo di 9.

Problemi di identificazione

Nel 76 a.C. a Roma ci fu un violento incendio e i libri sibillini andarono perduti. Sappiamo che si tentò di rimetterli insieme negli anni successivi in ogni modo. La Sibilla doveva ormai essere scomparsa a quel tempo altrimenti sarebbe bastato tornare da lei. Dunque quando Virgilio dice di aver visto l’antro questo doveva essere ormai in disuso o usato per altri scopi.

L’Antro della Sibilla Cumana per la prima volta fu identificato col condotto che collegava il lago d’Averno con la città bassa di Cuma. In realtà quel percorso era stato realizzato in età augustea per permettere ai militari della flotta d rifugiarsi in città in caso di pericolo.

Un porto romano ai Campi Flegrei

Poi lo si è voluto associare ad altre gallerie e alla fine con la struttura che oggi porta questo nome.

La leggenda della Sibilla Cumana

La leggenda racconta che la Sibilla di Cuma era una giovane di rara bellezza. Quando Apollo le chiese di diventare una sua sacerdotessa, accettò la sua proposta ma solo in cambio di qualcosa. Apollo allora le disse che avrebbe esaudito qualunque suo desiderio e la donna fu talmente sciocca da chiedere l’immortalità. L’immortalità, infatti, senza l’eterna giovinezza, divenne una condanna peggiore della morte per quella donna della quale, dopo secoli, non rimase che la voce.

I miti greci hanno sempre lo scopo di insegnare qualcosa. Questo, come anche altri, invitano a fare attenzione a ciò che si desidera. Anche quello che apparentemente può sembrare un desiderio perfetto potrebbe rivelarsi un incubo.

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La tradizione racconta che la Sibilla Cumana dava i suoi responsi in esametri su delle foglie che il vento poi provvedeva a mescolare rendendo ancora più complessa l'interpretazione di quello stesso responso.
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